Riflessioni al Binario 21

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Le classi 1A e 1B sono partite dalla scuola Puecher il giorno 11 Febbraio 2015 alle ore 10 per andare a visitare il Binario 21, ovvero il Memoriale della Shoah di Milano.
Siamo arrivati alle 10.40 e abbiamo subito conosciuto la nostra guida (Alessandra) che ci aspettava all’interno.
Appena entrati, siamo stati accolti da una parola scritta a caratteri cubitali su un muro: INDIFFERENZA, che  di certo non passava inosservata! La guida ci ha spiegato il motivo: è stata proprio l’ndifferenza delle persone a far si che siano accadute le cose terribili di cui abbiamo parlato durante la Giornata della memoria. La gente non ha reagito a quello che stava succedendo e questo non deve più succedere. Questa scritta è stata pensata da una sopravvissuta all’olocausto di nome Liliana Segre. La parola indifferenza è una delle tante parole chiave della Shoah.
Gli ebrei deportati non sapevano dove stavano andando, a quei tempi non c’era la luce nella stazione, regnavano il silenzio e la paura. Oggi il tragitto dalla stazione al campo di concentramento viene chiamato VIAGGIO VERSO LA PERDITA D’IDENTITA.
La guida ci ha spiegato che quello che stavamo visitando non era un museo ma un memoriale, un luogo nato per pensare, per riflettere, ma non un luogo destinato agli ebrei per rimpiangere i loro morti, piuttosto un luogo di riflessione per tutti. Questa stazione serve come promemoria per non far dimenticare alla nostra generazione e a quella futura.
E’ stato grazie all’indifferenza generale che in Italia  nel 1938 vennero pubblicate le leggi razziali che firmò anche il re. Queste leggi impedivano agli ebrei di lavorare e ai bambini di andare a scuola.
Ci ha portati a vedere un treno da deportazione, in ogni vagone ci stavano minimo 60 persone. Noi siamo entrati in 10 e ne avevamo già occupato un quarto. All’esterno di ogni vagone scrivevano quante persone vi erano state stipate, ma non non si parlava di persone bensì di pezzi. Sul montacarichi che faceva arrivare i carri al binario c’era scritto “VIETATO TRASPORTARE PERSONE” perché, appunto, per i tedeschi gli ebrei non erano considerati tali.
Oltre il vagone sul pavimento ci sono le lapidi con le date dei viaggi partiti dal binario 21 verso i vari campi di concentramento.
Fra questi ci sono stati anche viaggi ad AUSCHWITZ, uno dei più famosi campi di sterminio, cioé un campo provvisto di camere a gas, che sembravano semplici docce. I tedeschi ingannavano gli ebrei dicendo loro che avrebbero dovuto fare una semplice doccia e quindi dovevano ricordare il numero dell’appendino dove avevano lasciato i propri vestiti per ritrovarli all’uscita, in realtà da quella doccia non usciva nessuno vivo.
Proseguendo sul nostro cammino siamo arrivati a un enorme schermo che proietta un elenco di 774 nomi di deportati da Milano, dei quali sono tornati solo 27 sopravissuti. Uno a uno appaiono più grandi, come se si voglia ridare vita a quei nomi, che una volta nel campo i tedeschi volevano cancellare sostituendoli con il numero tatuato sulla pelle di ogni “pezzo”.
Alla fine siamo entrati in una stanza che gli architetti hanno voluto costruire per consentire di fermarsi a riflettere su quello che è accaduto e che infatti prende il nome di pensatoio. C’era molto silenzio e solo un filo di luce che illuminava una freccia verso est posta sul pavimento in direzione di Gerusalumme.
Nel complesso forse non è stata una gita divertente ma istruttiva per capire meglio quello che è accaduto e soprattutto per non dimenticare.

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(Giorgia Guarneri e Aya Bannour)

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