[Pubblichiamo un racconto di un’alunna della nostra scuola che vogliamo dedicare a un grande scienziato che ci ha lasciato qualche mese fa: Stephen Hawkins]
E poi sono rinato.
Ho sempre avuto paura di perdermi le stelle e il cielo, più in generale, di non aver visto tutto.
Per tutta la vita la mia malattia mi ha perseguitato facendomi indirizzare il mio sguardo solo verso la Terra.
Da bambino avevo speranze, “Dai passerà.” mi dicevano tutti, ma non è ancora passata. Io provo a guardare in alto, ma non riesco, non posso, per questo avevo sempre paura di non vedere abbastanza. Mi hanno sempre trattato come una malattia più che come una persona vera e questo mi ha distrutto, ma ora sono sicuro di essere vivo, non come un virus, come un essere umano.
Lentamente, o forse no, la mia paura ha iniziato ad aggiungersi a tutte le esperienze che non ho potuto vivere e tutto il mio mondo è diventato paura, probabilmente perché l’ho permesso io, ma non vedevo un vero motivo per lottare. Quindi, mi sono nascosto nella mia casa, nel mio nido, e non sono più uscito per circa un’eternità. Ovviamente questo non ha aiutato le mie paure ad abbandonarmi, diciamo che ero deciso ad abbandonare il mondo per sempre. Tutta la mia vita mi sembrava un teatro, costruito appositamente per non mostrarmi ciò che gli altri pensavano di me e creando false esperienze, solo per colmare dei vuoti.
Dopo un eterno periodo di buio, però, mi sono conosciuto e ho capito che tutto poteva essere migliore, ma solo se lo avessi voluto davvero.
Così, una notte, sono scappato dai miei pensieri e mi sono disteso a terra, sulla strada, in modo da poter vedere una parte di immensità. I miei occhi si sono sforzati molto, ma quel dolore è sembrato il nulla più completo a confronto di quell’infinito. Io ho ringraziato, non so nemmeno chi o che cosa, ma il fatto di poter vedere tutto ciò che non riuscivo neanche a immaginare, mi ha reso libero.
Ho cominciato a correre, immaginando di camminare su quelle luci e sopra quell’oscurità, è stato in quel momento che ho visto le mie paure abbandonarmi.
Tutto esisteva e, questa volta, esistevo anch’io.
Quello è stato il mio momento, ciò che mi ha costruito, quello che mi ha fatto vivere, e non sopravvivere.
Per tutti i giorni che sono venuti, ho continuato a immaginare di poter essere una parte di cielo, e non smetterò mai di pensarci perché è questo che mi rende esistente, la speranza.
Per troppo tempo mi sono nascosto nella paura, che mi ha reso davvero un mostro, mi sono rinchiuso nei pensieri che provavo a scacciare, quando non ero nemmeno riuscito ad assaporare un attimo di vita.
Ora penso davvero di aver vissuto o, più che altro, di aver trovato un motivo per poter rinascere.
(Erica)